mercoledì 19 dicembre 2012

ET IN TERRA PAX - rivelazione del cinema indipendente italiano


GAZZETTA ITALIA N. 9 MAGGIO 11

Dopo il successo a Venezia, Tokyo, Göteborg, Londra, Porto e Copenhagen e i premi vinti a Foggia (miglior film al festival del cinema indipendente) e a Milano (vincitore nella categoria Rivelazioni al festival ''Il cinema italiano visto da milano''), dal 27 maggio 2011 l'opera di esordio dei due registi romani :Matteo Botrugno e Daniele Coluccini ''Et In Terra Pax'' si prepara a conquistare il pubblico dei cinema di tutta l'Italia. Prodotto da Kimerafilm e Settembrini Film in collaborazione con Redigital, nato dal pensiero camusiano e dalla tradizione cinematografica pasoliniana, il film racconta 3 storie dei giovani ragazzi affogati nella vita criminale della propria città (periferia romana) nello stesso tempo a questa vita estranei. Marco (Maurizio Tesei) è l'ex detenuto il quale dopo un primo momento di rifiuto torna nel giro malavitoso convinto dagli amici Glauco (Simone Crisari) e Mauro (Riccardo Flammini) di spacciare la droga; Sonia (Ughetta D'Onorascenzo) - studentessa universitaria che tenta di studiare e rendersi economicamente indipendente cercando inutilmente comprensione dell'insensibile Sergio (Paolo Perinelli). Sono solo alcuni protagonisti di questo dramma sociale che finirà con un inferno di violenza e sangue, protagonisti che vivono nella realtà senza senso, senza razionalità, senza chiedere il perché. Fallimenti personali, delinquenza ed emarginazione offrono un ritratto fatale di una civiltà smarrita e degradata. Burrascose dinamiche contrastate con la immobilità del posto richiamano repentine varazioni della musica vivaldiana nascosta nel titolo 'Et in terra pax' riferito a una delle sue sacre glorie. E' il titolo provocatorio. Gloria in excelsis Deo Et in terra pax hominibus bonae voluntatis comincia la preghiera la quale è un commento ironico degli eventi terrestri, incontrollabili, senza Dio. La pace del titolo, la pace divina sulla terra non c'è. L'uomo di questa realtà della strada non conosce la pace, non conosce pietà, agisce freddamente e così viene ricevuto da parte dello spettatore, nessun coinvolgimento emotivo. E' un'opera profonda (anche se non troppo psicologica) con una qualità visiva a dir poco eccezionale definita dai critici europei ''Il Gomorra romano'' e paragonata con la brutalità di Kassovitz dove il pubblico polacco potrebbe percepire gli echi lontani dell'estetica di Pasikowski.....

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